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TRE CONTINENTI SUL GRANDE SCHERMO: IL “VIA” AL FESTIVAL DEL CINEMA AFRICANO, D’ASIA E D’AMERICA LATINA

ALESSANDRA SPECIALE E ANNAMARIA GALLONE, CO-DIRETTRICI ARTISTICHE DEL FESTIVAL

Con l’anteprima italiana di  Une saison en France di Mahamat Saleh Haroun, interpretato da Eriq Ebouaney e da un intensa Sandrine Bonnaire,  da domenica 18 marzo è ufficialmente aperta la 28°  edizione del Festival del Cinema Africano, d’Asia e d’America Latina,  la prestigiosa manifestazione ideata e gestita dal COE che ci accompagnerà fino al 25 marzo con una accurata selezione della migliore cinematografia dei tre continenti, che fa di questo festival un caso unico  in tutto il panorama italiano della cinematografia d’autore.  Come ha ricordato l’Assessore Filippo del Corno alla conferenza stampa d’apertura, la contemporaneità di questa iniziativa con il Festival dei diritti umani e di Book Pride ( Base Milano) conferma la vocazione di accoglienza del capoluogo lombardo,  che colloca  Milano tra le città europee più aperte al dialogo interculturale, sia nelle parole che nei fatti.  Anche per questo le prime parole delle due co-direttrici e “anime ispiratrici” del festival, Annamaria Garrone e Alessandra Speciale,  nel  discorso di benvenuto  che ha preceduto la proiezione dell’opera di Haroun, sono i ringraziamenti per il sostegno del Comune e della Regione che insieme ai tanti altri partner privati ( xx) hanno reso sostenibile un progetto artistico e culturale che presuppone una colossale macchina organizzativa. Ecco un po’ di numeri:   60 sono le opere in concorso ( organizzate nelle tre sezioni Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo, Il Concorso Cortometraggi Africani, Il Concorso Extr’A) delle oltre 600 inviate, alle quali si aggiungono, distribuite in 7 location (Auditorium San Fedele, Spazio Oberdan, Cinema Palestrina, Wanted CineClan, Palazzo Litta Cultura, Festival Center)   le 3 mostre,  i dibattiti e  le ulteriori proiezioni delle opere fuori concorso,  presentate in due sezioni: la prima è  Flash che raccoglie i film/evento del Festival: anteprime di rilievo che presentano le opere recenti di registi affermati, film acclamati dalla critica o premiati nei maggiori festival internazionali, il meglio del cinema contemporaneo che racconta e interpreta l’attualità di Africa, Asia e America Latina;  la seconda è E tutti ridono… la sezione delle commedie più divertenti dai tre continenti. Se Annamaria Gallone non ha voluto segnalare alcuna opera tra quelle in concorso “perché esiste anche un voto del pubblico che non vogliamo influenzare”, ha indicato una sua selezione dei “da non perdere” tra le opere fuori concorso.  Tra tutte segnaliamo The Legend of the Demon cat,  il nuovo kolossal firmato dal grande Chen Kaige ( il regista di Addio mia concubina), una inedita coproduzione cinese e giapponese che è insieme detective story, mistery, fantasy e animazione 3D in programmazione  il film riunisce tutto il meglio della tradizione e della tecnologia cinese e giapponese in programma domenica 25 marzo alle 19,00; e Sheikh Jackson di Amr Salama (Egitto), una commedia ironica e brillante che racconta come l’improvvisa morte di Michael Jackson riesca a mandare in tilt l’esistenza di un giovane imam egiziano.

Il film sarà protagonista della Closing Night del 28° Festival del Cinema Africano, d’Asia e America Latina il 25 marzo alle 21,00 all’Auditorium San Fedele. Tra gli eventi da non  perdere si segnala anche Samba Traorè, il film cult del grande regista burkinabe Idrissa Ouadraogo a cui questa edizione del festival rende omaggio per commemorarne la recente scomparsa lo scorso 18 febbraio. Il film verrà proiettato in edizione originale su pellicola da 35 mm sempre la sera del 25  allo Spazio Oberdan alle ore 21.00. Ad Alessandra Speciale è spettato il compito dichiarare la consapevole contraddizione emotiva  che permea l’immaginario della rassegna. “ Viviamo momenti difficili – ha commentato la Speciale – e la scelta di un claim con un messaggio positivo non vuol dire non riconoscere il drammatico fenomeno umanitario dei migranti”.  Se da un lato,  infatti sin dal claim WWW What a wonderful world, il festival apre uno sguardo di speranza sul continente africano sempre più connesso al resto del mondo grazie all’avvento di internet, dall’altra tiene gli occhi bene aperti sul dramma dei migranti, di cosa lasciano e su cosa trovano. Ecco forse la ragione di un’ opening night che, sotto l’egida del già citato claim e della zebra prismatica,  ha  salutato l’anteprima di Una saison en France del regista ciadiano  Mahamat Saleh Haroun.  La storia di Abbas (Eriq Ebouaney), professore di francese emigrato in Francia alla ricerca di un futuro per sé e i suoi figli  che attende inutilmente il permesso di rimanere come rifugiato, si avvia passo dopo passo, rifiutando di “avere fede” come lo invita Carole, ( Sandrine Bonnaire)  verso un epilogo , per nulla illuminato dalle parole di speranza messe insieme nella sua  lettera d’addio all’amata, in cui spera in un altrove sereno per suoi bambini. Rimane piuttosto in mente il gesto estremo del fratello che dinanzi ad una nuova porta chiusa, decide di uscire a modo suo, cosicché  tutti si possano ricordare di lui.  In tutto ciò il regista rende omaggio grazie al ruolo di Carole e all’interpretazione della Bonnaire, alla forza delle donne dei migranti,  che da copione sono in apparenza ruoli comprimari,  ma  dal punto di vista umano,   innamorandosi senza confini di uomini che da un giorno all’altro possono sparire, morire, essere espulsi, diventano , di questi film, le grandi protagoniste del coraggio.

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