“Adesso canterò il terzo brano, solo che questa canzone ancora non esiste”. Lascia tutti in sospeso Arsene Duevi, il finalista originario del Togo quando deve terminare la sua esibizione dinanzi al pubblico e alla giuria la sera della finale del concorso Do Re Mi Fa Sud, domenica 13 maggio, alla cascina Casottello, Centro Internazionale di quartiere del Comune di Milano gestito da Sunugal e da Le Fate artigiane . Alcuni tra il pubblico sanno bene cosa sta succedendo e, indirizzati da Arsene, direttore del coro etnomusicale di Cologno e loro maestro, lo seguono nell’improvvisazione di un canto polifonico, dando vita più che a un brano ad una esperienza collettiva, del tutto inaspettata per un concorso musicale, visto che il concorrente sembra aver preso in prestito la voce, e anche il cuore, di tutti per la sua ultima canzone. Alla fine si comprende cosa significa l’epiteto “sciamano musicale” che accompagna la bio di Duevi e ci si rende anche conto di aver partecipato ad una forma inedita di “integrazione” tra le culture, simile alla recitazione collettiva dello stesso mantra ( to chant in inglese) da parte di persone di idiomi differenti, dove il linguaggio verbale che separa lascia il posto ad un altro linguaggio che invece, istantaneamente, unisce: il linguaggio della musica. La vittoria da parte di Arsene, primo classificato della categoria over 35 della gara, è un risultato-simbolo che ben rappresenta DO RE MI FA SUD, concorso musicale dedicato agli artisti del Sud del mondo, diviso in tre serate condotte da Viola Ghidelli e dall’attore e regista camerunense Olivier Elouti, organizzato dall’Associazione Sunugal e dalla Cooperativa La Fucina ma soprattutto ideato e finanziato da Paolo Lodigiani. “Consideriamo la musica – ha commentato il mecenate della manifestazione – un ottimo strumento per far dialogare persone di culture diverse. . Formati dall’esperienza pluriennale del nostro festival dell’amicizia italo-senegalese, quest’anno abbiamo deciso di ideare un concorso musicale e di estenderlo oltre ai confini strettamente africani”. Forte e chiara la risposta dei gruppi e degli artisti che ha consentito a Lodigiani e al suo staff di selezionare 12 tra i 45 iscritti ( avrei voluto sceglierli tutti! –ci ha confidato), originari di vari Paesi dell’America Latina, dell’Africa, fino alla Siria e all’India, che, nel caso dei gruppi, erano formati da artisti di nazioni differenti per dare vita a progetti musicali che del “meticciato” traggono la loro forza. E cosi dinanzi al pubblico e alla giuria composta dai musicisti Bruno Marro, Nicola Arata, Balla Ndiaye Rose, Cheick Fall e infine dalla giornalista che firma questo pezzo, si sono cimentati i Derama Enrama, secondo premio della categoria under 35, dove la cilena Catalina suona e canta accanto agli italiani Alessandro e Gabriele e all’ italo tunisino Youssef , per dare vita (è proprio il caso di dirlo con la trascinante Catalina di mezzo) ad un repertorio ispirato al suo viaggio con Ale per l’America Latina. I TREN TRIO, (Luca Fabio e Giancarlo), innestano sul loro repertorio jazz sonorità e strumenti andini, portati da Giancarlo, seconda generazione peruviana. I SHARDAFRICA vengono dalla Sardegna ( Simone e Lorenzo) , dal Brasile (Flavia) e dal Camerun (Stephane) e propongono un progetto di world music di alta suggestione grazie alle qualità tecniche della band , al timbro indimenticabile della voce di Stephane nonché alla poesia visionaria e insieme disincantata dei testi da lui composti sia in francese che in italiano (pensiamo al pezzo Viscere presentato sabato 12). Da vari paesi dell’Africa francofona (Guinea, Benin, Burkina, Togo, Senegal) provengono i LES AMIS D’AFRIQUE attivi dal 2000 a Milano con la loro proposta afro beat in cui sulla musica tradizionale africana si innestano strumenti elettronici moderni e testi sia in francese che in italiano. Dalla Colombia e da Treviso arrivano i MESTISON , con una proposta di ritmi tradizionali sudamericani, potentemente animati dalle due soliste Elena e Beatriz. Singolare il progetto dei MI LINDA DAMA, in cui l’italiano Giulio Gavardi e l’indiana Namritha Nori (assente il terzo del trio Niccolò Giuliani) hanno proposto canzoni risalenti alla Spagna del 1400 e provenienti dall’enclave degli ebrei sefarditi ( i famosi Marranos) tramandati di donna in donna fino ad oggi. Con i MAPENDO AFRICA SOUND Valentin Mufila getta un ponte tra il suo Congo (campione di ballo e di gioia, riferisce l’artista) e Italia degli altri componenti del gruppo con un repertorio di pop contemporaneo africano. .TATE NSOGAN, artista del Camerun, ha cantato in Italiano e si è persino cimentato nell’ardua impresa di rappare nella nostra lingua. La proposta afro beat, molto bene accolta dal pubblico che ha cantato e ballato insieme a lui, è arrivata da TIMOTHY ASOTIE, conosciuto come TOA, terzo premio della categoria under 35, originario della Nigeria (precisamente dal Enugu State) l’unico tra i concorrenti che proviene da quella parte dell’Africa dove si parla Inglese ed è influenzata musicalmente dalle tradizioni reggae dei fratelli della Giamaica da un lato o delle contaminazioni hip hop ed R&B afroamericane dall’altro. Di qui l’omaggio di TOA a Bob Marley ( la cover di Redemption Song) con cui ha superato la prima selezione. Intensamente centrato sulla propria identità musicale, il’artista curdo della Siria ASHTI ABDO ha da solo riempito tutta la scena con una impeccabile esecuzione unita ad una passione che arde sotto la cenere della sua ritrosia ( Io ho scelto di combattere con la mia musica – ha commentato), aggiudicandosi il primo posto della categoria under 35 dopo aver incantato il pubblico. Ed è proprio questo “affascinamento” del pubblico ad aver decretato il successo della prima edizione di DO RE MI FA SUD e ad avergli garantito almeno due standing ovation: da un lato quella del pubblico femminile, a cui Arsene Duevi ha persino dedicato il suo secondo pezzo NYONU SCIURA, trasformando in un omaggio alla donna la connotazione lievemente caricaturale del termine dialettale milanese “sciura” (come sanno i doppiatori del cinema, le parole hanno un intenzione prima che un significato); dall’altro quella dei bambini della Cascina Casottello, le seconde generazioni, quelli che più di ogni altro assomigliano per nascita al metissage DO RE MI FA SUD . Bimbi di tutti i colori hanno ballato tutto il ballabile, la cumbia mista al pop, il pop misto all’afro, l’afro misto al beat, mettendo in scena lo spettacolo più bello di queste tre serate: loro stessi. E ciò la dice lunga sul potere della musica meticcia e sulla nostra comune matrice umana. Il che , tutto sommato, fa ben sperare.