È scomparso a 96 anni stamane a Milano Carlo Monti, il decano tra i campioni dell’atletica lombarda: era nato il 24 marzo 1920.
Ci saluta l’ultimo testimone di un’epoca atletica ruspante e per certi versi romantica, temprata dalla durezza e dalle privazioni degli anni più bui del Novecento italiano: quella che proprio in questi giorni è stata riportata alla luce dall’uscita nelle sale cinematografiche italiane di Race-Il Colore della Vittoria, il film sulla vita di Jesse Owens. Come l’icona americana anche lo sprinter milanese dalle buchette scavate nella carbonella avrebbe raggiunto l’apice della gloria di un podio olimpico, terzo frazionista di un’Italia che a Londra 1948 seppe conquistare il terzo posto nella 4×100.
Monti inizia la propria avventura atletica al secondo anno di ginnasio al Liceo Classico Carducci di Milano: un professore di educazione fisica lo porta al Giuriati, dove incontra personaggi del calibro di Caldana e Gonnelli, che di lì a poco sarebbero approdati all’argento olimpico nella 4×100 a Berlino 1936. Un altro componente del quartetto berlinese, Orazio Mariani, lo chiama “urfanel” con disprezzo: il 21 luglio 1940 Monti si prende la rivincita battendo Mariani sui 100 proprio all’Arena e la sua carriera prende slancio. Nel 1941 arriva la prima chiamata in Nazionale, agli Europei di Oslo 1946 la prima medaglia prestigiosa, il bronzo nei 100 metri con il tempo di 10.8: «Ci arrivammo dopo un viaggio tragico durato tre giorni…cose di quei tempi!» dichiarerà in un’intervista. L’apogeo del percorso atletico di Monti coincide con i Giochi della ricostruzione. Londra 1948, il CT era Giorgio Oberweger: «Eravamo pieni di entusiasmo – ricorderà poi Monti -. A Milano ci caricarono in treno e poi in nave. Sbarcati in Inghilterra ci sono venuti a prendere con un bus e ci hanno portato al villaggio olimpico: un campo con tante casette che, durante la guerra, avevano ospitato i feriti. Ricordo che mentre noi brontolavamo per l’ambiente davvero spartano, Teseo Taddia, martellista, era riuscito come al solito ad accalappiare una ragazza bellissima!». Nella finale della staffetta gli azzurri Carlo Monti, Michele Tito, Enrico Perucconi e Antonio Siddi saranno bronzo in 41″5 dietro ai due Paesi leader dello sprint, Stati Uniti e Gran Bretagna.
La chiusura della carriera atletica nel 1954 non coincide con l’uscita dal mondo dello sport: “Carletto”, laureato in chimica, già a 20 anni aveva iniziato a collaborare con alcune testate giornalistiche scrivendo di calcio e, al termine dell’attività agonistica, diventa cantore di gesta atletiche e appassionato scrittore (decisamente apprezzato il suo libro Cento per Cento sui cento anni della 100km di marcia), trasmettendo la propria vocazione al figlio Fabio, conosciuta firma del Corriere della Sera.
«Ai giovani direi che nulla vi è di più bello del soffrire e del gioire per una vittoria personale – il pensiero espresso dall’ex azzurro a Giuliana Cassani in una delle ultime interviste -. Io partivo con i piedi nelle buchette, oggi si parte con i blocchi, ma la tensione e l’emozione in attesa del colpo di pistola sono esattamente le stesse che accomunano generazioni di atleti». Valeva per i velocisti degli Anni Quaranta, vale per quelli di oggi, varrà per tutti chiunque si avventurerà nello sprint dell’atletica leggera.
Data e luogo delle esequie verranno comunicati sul sito www.fidal-lombardia.it.
FOTO archivio FIDAL.
Ufficio Stampa Fidal Lombardia
Cesare Rizzi